Ansia e non solo…
Ansia, sofferenza psicologica e altro…
La patologia mentale non è altro che una diversa manifestazione della sofferenza e in quanto tale va trattata. Certe disagi, che non considero malattie, sono spesso soluzioni storiche che hanno permesso nel passato di superare momenti di crisi. Intraprendere un percorso di psicoterapia significa rendersi più flessibili, e aprirsi a nuove soluzioni interne che possono essere più attuali ed, emotivamente, meno dispendiose. La mia formazione mi fa essere molto attenta agli spetti relazionali e alle dinamiche di attaccamento (autori attuali di riferimento Bolwby, Crittenden, Guidano, Shapiro, etc.)
Il mio percorso professionale mi permette di essere sempre aggiornata nel mio settore rispetto ai recenti studi scientifici e quindi di avere una buona dimestichezza nel trattare, attraverso la psicoterapia, le principali forme di sofferenza psicologica:
(https://www.facebook.com/psicologaminervamedina/)
L’ANSIA E IL CORPO
Cosa succede nel nostro corpo nel momento in cui proviamo ansia?
Noi umani possediamo un sistema operativo deputato a far fronte alle emergenze e un’altro che si occupa della gestione degli eventi che caratterizzano la vita di tutti i giorni, la nostra routine.
Nel momento in cui nell’ambiente che ci circonda percepiamo qualcosa di minaccioso, il nostro sistema operativo deputato alla gestione delle emergenze si attiva, generando una forte sensazione di stress.
Grazie all’attivazione di questo sistema il sangue defluisce dalle aree che sono ritenute meno vitali per l’individuo e viene convogliato verso le zone più importanti per la nostra sopravvivenza, come ad esempio, gli arti. Il nostro organismo è programmato in modo che alcuni sistemi, ritenuti meno vitali nelle situazioni di minaccia imminente, vengano disattivati quando ci si trova in tali situazioni.
Il primo sistema ad essere influenzato in queste situazioni è quello sessuale, che viene ritenuto esclusivamente “un extra” e quindi non indispensabile in caso di pericolo.
Il secondo sistema coinvolto è quello digestivo. E’ per questo che nel momento in cui si percepisce stress possono presentarsi mal di stomaco, diarrea, nausea o vomito. Questo succede perché il corpo sta cercando di sbarazzarsi dal cibo per poter far defluire il sangue dal sistema digestivo verso il sistema di emergenza.
Il terzo sistema influenzato è quello della neocorteccia, il più alto centro del pensiero del nostro cervello. Ne consegue che nei momenti di forte stress la nostra capacità di pensare viene influenzata negativamente. E quindi può accadere che, in determinate circostanze, le persone non riescano a ricordare cose che ricordavano fino a un momento prima, poiché l’informazione immagazzinata in memoria non è temporaneamente accessibile. Esse inoltre possono sentire una forte agitazione e provare l’intenso desiderio di fuggire dal luogo in cui si trovano. Si tratta, a tutti gli effetti, di un istinto di sopravvivenza. Quando lo stress diminuisce e il nostro sistema di allarme diminuisce possiamo accedere nuovamente a quel materiale.
Ovviamente ci sono dei livelli di ansia molto diversi, ma non c’è sempre bisogno di provare dei livelli d’ansia molto alti per far si che il nostro corpo metta in atto delle strategie di aggiramento della stessa situazione, per far si che in modo non consapevole tendiamo a evitare tutte le situazioni difficili.
Com’è possibile che il corpo si adatti ad alcune emergenze stressanti, mentre ad altre no, finendo perfino a volte (ma non sempre!) per ammalarsi? La relazione esistente fra stress, corpo, salute e malattia la vorrei spiegare un po’ alla volta ma se hai bisogno di chiarimenti non dubitare a chiamami (cell. 3470803917), ma intanto il messaggio che vorrei riuscire a trasmettere è che non è necessario aspettare di non poter riuscire a gestire più una situazione prima di chiedere un aiuto specializzato per risolvere il problema; anche se percepite la situazione come tollerabile ma cominciate a vedere che inizia a interferire con la vostra vita quotidiana e con la vostra serenità sappiate che è consigliabile iniziare una terapia, spesso breve, per migliorare questa situazione.
Ci sono molti eventi in una giornata che scatenano la risposta allo stress, mica soltanto il lavoro o parenti difficili da gestire ( o la sua assenza). Anche il caldo, il freddo, le tossine chimiche e forti reazioni emotive ne innescano la risposta.
La capacità di una persona di affrontare lo stress svolge un ruolo fondamentale nella determinazione e nel mantenimento del suo stato di salute.
Il successo di una terapia volta a vincere lo stress (La terapia EMDR, Eye Movement Desensitization and Reprocessing, cioè Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari, è molto efficace) dipende fondamentalmente dalla sua capacità di migliorare la risposta individuale a breve, ma sopratutto a lungo termine, contro le situazioni stressanti.
LE FOBIE/ANSIE SOCIALI
- Timidezza o fobia?
La timidezza è una dimensione della personalità che non è certamente patologica in se stessa, caratterizza tutti gli individui, con le relative differenze in termini quantitativi.
Molti dati ci informano che la paura di parlare in pubblico è una delle paure più diffuse in assoluto, così come è molto diffusa quella spiacevole sensazione di disagio che si può provare trovandosi ad una festa dove non si conosce gli altri invitati.
- Ma quando la timidezza si trasforma in patologia? Quando il disagio diventa fobia?
Quando quest’ansia relativa al contatto e all’esposizione sociale assume un’intensità tale da compromettere l’adattamento sociolavorativo di una persona o crea un disagio soggettivo significativo. Questo può accadere quando, ad esempio, a causa di quest’ansia le persone non riescono più a frequentare il luogo di lavoro, o quando, nonostante continuino a farlo, la fobia comporta un dispendio di energia fisica ed emotiva elevatissimo, compromettendo in modo significativo la qualità della loro vita.
- Qualche definizione…
La fobia sociale è definita come la paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazionali nelle quali l’individuo è esposto a persone non familiari o al possibile giudizio da parte degli altri, per il timore di mostrare sintomi d’ansia o di poter agire in modo goffo, imbarazzante o umiliante.
Vengono distinti due sottotipi:
- forma generalizzata: la forma più pervasiva, cioè quando l’ansia si presenta nella maggior parte delle situazioni in cui sia presente l’esposizione agli altri
- forma non generalizzata (o circoscritta): nella quale la persona sviluppa ansia in una o due situazioni al massimo, di solito prestazionali, come il parlare o il mangiare in pubblico.
Le situazioni più spesso temute:
- Parlare in pubblico
- Mangiare o bere in locali pubblici
- Lavorare quando si è osservati
- Sostenere esami orali
- Telefonare
- In generale, essere al centro dell’attenzione
Quali sono i vissuti profondi spesso presenti in chi soffre di fobia sociale?
- Preoccupazione della critica
- Paura di esporsi e ad essere visto
- Paura del fallimento
- Paura di provare emozioni in pubblico
- Sensazione diffusa di inadeguatezza
- Sensazione di impotenza
- Timore del giudizio
Complicazioni…
Studi scientifici hanno dimostrato che, in alcuni casi, la fobia sociale può causare ulteriori disturbi che talvolta possono anche diventare invalidanti. È il caso, per esempio, dello sviluppo di abuso di alcol o disturbi da uso di altre sostanze psicotrope, che, spesso sono utilizzate dai soggetti che soffrono di fobia sociale come “self-medication”, cioè con la finalità di attenuare e curare i sintomi d’ansia, ma che finiscono per peggiorare il loro stato psicologico. In alcune situazioni la fobia sociale può portare l’individuo ad un profondo ritiro sociale e, in alcuni casi, alla depressione.
Se pensi di soffrire di fobia sociale contatta uno dei nostri specialisti competenti nei disturbi d’ansia disponibili anche per TRATTAMENTI DOMICILIARI anche in lingua inglese e spagnola.
LA DEPRESSIONE. Cos’è e come si cura?
La depressione (anche denominata “Disturbo Depressivo Maggiore”) è una patologia psichiatrica caratterizzata da uno o più Episodi Depressivi Maggiori.
Secondo i dati epidemiologici, la depressione è un disturbo molto comune: la prevalenza lifetime di questa patologia oscilla tra il 4,6 ed il 17%. Le donne tendono a soffrire di depressione con maggiore frequenza degli uomini (il rapporto è di 2 donne ogni uomo).
Solitamente l’età di esordio del disturbo (cioè il momento in cui iniziano a comparire i sintomi depressivi) avviene in media a 40 anni cioè tra i 20 ed i 50 anni (ma nel 10% dei casi dopo i 60 anni). Nelle ultime generazioni si è osservato un abbassamento dell’età di esordio al di sotto dei vent’anni.
È importante distinguere tra un vissuto di normale tristezza e la depressione come disturbo psichiatrico. La capacità di esperire tristezza è cioè una risorsa umana fondamentale e necessaria nel nostro sviluppo: provare tristezza, sentirsi occasionalmente giù di morale, (spesso di fronte ad eventi di perdita), è una condizione che accomuna tutti gli esseri umani. La depressione invece, è qualcosa di intrinsecamente diverso dalla tristezza.
Può essere difficile capire in quale di queste due categorie rientri il proprio stato di sofferenza: è necessario pertanto affidarsi ad uno specialista (un medico, o meglio ancora uno psichiatra o uno psicologo, che è competente nell’ambito della sofferenza mentale) per avere una corretta diagnosi.
- Come si manifesta un Episodio Depressivo Maggiore
L’episodio depressivo può insorgere con due modalità differenti:
- talvolta ha un esordio improvviso e brusco, cioè irrompe nella vita dell’individuo senza alcun preavviso o sensazione soggettiva di malessere
- più frequentemente è preceduto per alcuni giorni o settimane da alcuni segni precursori del vero episodio depressivo (ad esempio riduzione degli interessi, cefalea, insonnia o difficoltà di concentrazione), senza una particolare compromissione sul piano lavorativo o sociale. Quando sono presenti, gli stessi segni precursori tendono a ripresentarsi in futuro, costituendo un valido indizio dell’insorgenza imminente di un nuovo episodio depressivo, permettendo all’individuo di chiedere l’aiuto del medico tempestivamente.
- Che cos’è un Episodio Depressivo Maggiore ?
Per soddisfare la diagnosi di Episodio Depressivo Maggiore, devono essere presenti almeno 5 di una lista di 9 sintomi.
Essi devono manifestarsi per almeno 2 settimane e uno dei sintomi deve essere l’umore depresso o una marcata diminuzione di interesse o piacere.
Di seguito la lista dei possibili sintomi:
- Umore depresso, per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno
- Marcata diminuzione di interesse o piacere, per tutte, o quasi tutte le attività, per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno
- Significativa perdita o aumento di peso (non dovuto a diete) o di appetito
- Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno
- Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno (osservato da altri)
- Affaticabilità o mancanza di energia quasi ogni giorno
- Sentimenti di svalutazione o di colpa eccessivi o immotivati quasi ogni giorno
- Difficoltà significative di concentrazione o forte difficoltà a prendere delle decisioni (quasi ogni giorno)
- Pensieri di morte, ricorrenti propositi suicidi senza un piano specifico, o un tentativo di suicidio o ideazione di un piano specifico per commettere il suicidio
In media, questi episodi (se non trattati) durano 6-12 mesi, anche se possono essere talvolta molto più brevi, o, viceversa, nel 15-20% dei casi superare i 2 anni.
Nonostante nel 20% dei casi l’episodio depressivo maggiore rappresenti un caso isolato (cioè quel soggetto non andrà incontro ad altri episodi depressivi nella sua vita), la depressione maggiore è considerata un disturbo ciclico, cioè caratterizzato da periodicità: è probabile che vi siano altri episodi depressivi maggiori nel futuro (la media generale è 5/6 episodi in 20 anni di malattia).
Se pensi di soffrire di depressione, prenota una visita al fine di avere una corretta diagnosi (che va sempre fatta da uno specialista e mai da soli).
Comunque RICORDA, il migliore antidepressivo naturale è il SOLE, prende il sole gradatamente in modo da abituare il tuo corpo un po’ alla volta al sole e inizia a fare più vita all’area aperta in generale: la tua salute né gioverà. E se pensi che nonostante hai bisogno di uno specialista non esitare a contattarmi.
ATTACCHI DI PANICO
Gli attacchi di panico sono una delle patologie psichiatriche più comuni. Il paziente che ha il disturbo di panico è solitamente giovane, dai 15 ai 30 anni, ed è in prevalenza una donna, infatti il rapporto è di 2-3 donne ogni uomo.
Per avere comunque un’idea come si presentano gli attacchi di panico bisogna tenere presente che i motivi che portano la persona a rivolgersi ad uno specialista sono:
1 convinzione di avere una malattia fisica grave (per esempio problemi cardiaci, un ictus, un tumore, etc…)
2 condizione di persistente tensione e apprensione con una serie di sintomi fisici legati alla paura di stare male nuovamente
3 sindrome depressiva legata alla paura che si ripresenti improvvisamente il panico
4 talvolta abuso di alcool o di farmaci (ansiolitici) per cercare di non sentire i sintomi.
Chiunque abbia avuto paura sa che la paura dà una serie di sensazioni fisiche come la tachicardia, la sudorazione, la sensazione di tensione o l’affanno. Bene l’attacco di panico porta ad una attivazione massiva e prepotente di sistema neurovegetativo che produce le sensazioni legate alla paura. E’ come se fosse una paura fortissima, incontrollabile e concentrata in un lasso di tempo ristretto.
Tra le varie sensazioni neurovegetative e psichiche dell’attacco di panico ci sono:
- sensazione di fiato corto
- sbandamento, sensazione di capogiro o svenimento
- palpitazioni
- tremori
- sudorazione
- sensazione di soffocamento
- nausea o disturbi addominali
- sensazione di sentirsi fuori di sé (sintomo psichico)
- formicolio alle mani
- vampate di caldo o freddo
- senso di oppressione o dolore toracico
- paura di morire (sintomo psichico)
- paura di impazzire (sintomo psichico)
Ci sono due tipi di attacco di panico. Il primo è detto attacco di panico spontaneo o inatteso perché avviene in un momento in cui non lo si può prevedere e non lo si aspetta. L’esordio del disturbo avviene solitamente attraverso un attacco di panico inatteso. Il secondo tipo è detto attacco di panico situazionale perché compare in situazione in cui la persona teme che possa accadere ed è alimentato dalla paura di avere un attacco di panico. Ci sono persone che dopo averne avuto uno in metropolitana, si spaventano così tanto di averne un altro che quando risalgono in metropolitana la grande paura crea le premesse affinché si possa presentare un altro attacco di panico: è come se fosse la paura della paura ad alimentarlo.
I DISTURBI DI PERSONALITÀ’ O COMPORTAMENTALI
“A borderline suffers a kind of “emotional hemophilia”; she lacks the clotting mechanism needed to moderate her spurts of feeling. Prick the delicate “skin” of a borderline and she will emotionally bleed to death. Sustained periods of contentment are foreign to the borderline. Chronic emptiness depletes him until he is forced to do anything to escape. In the grip of these lows, the borderline is prone to a myriad of impulsive, self-destructive acts—drug and alcohol binges, eating marathons, anorexic fasts, bulimic purges, gambling forays, shopping sprees, sexual promiscuity, and selfmutilation. He may attempt suicide, often not with the intent to die but to feel something, to confirm he is alive”
(tratto da “I Hate You—Don’t Leave Me: Understanding the Borderline Personality” di Jerold Kreisman).
- Cosa significa “borderline”?
Il Disturbo Borderline di Personalità è una condizione caratterizzata da una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’autostima e dell’umore e una marcata impulsività.
La sua prevalenza è di circa il 2% della popolazione adulta e varia tra il 30 ed il 60% tra le popolazioni cliniche con Disturbi di Personalità.
L’esordio avviene in adolescenza o nella prima età adulta.
I dati epidemiologici dimostrano come il Disturbo Borderline di Personalità sia diagnosticato prevalentemente in persone di sesso femminile (circa 75%) (DSM IV-TR).
- Come si manifesta?
Il DSM IV-TR elenca i criteri necessari (almeno 5) per effettuare una diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità:
- sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono.
- un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di iper-idealizzazione e svalutazione.
alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e persistentemente instabili. - impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto come ad esempio spendere eccessivamente, promiscuità sessuale, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate, ecc.
- ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari, o comportamento automutilante.
- instabilità affettiva dovuta ad una marcata reattività dell’umore (per es., episodica intensa disforia, irritabilità o ansia, che di solito durano poche ore, e soltanto raramente più di pochi giorni).
- sentimenti cronici di vuoto.
- rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia (per es., frequenti accessi di ira o rabbia costante, ricorrenti scontri fisici).
- ideazione paranoide, o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress.
Gli individui che soffrono di Disturbo Borderline di Personalità temono (più o meno consapevolmente) l’abbandono da parte dell’altro, e per questo possono apparire estremamente sensibili a segnali di rifiuto (reali o percepiti come tali) da parte delle persone con cui interagiscono nella loro vita.
Tendono ad assumere delle posizioni “tutto o nulla”, “bianco o nero” senza “sfumature di grigio”, sia rispetto all’immagine che hanno di se stessi, rispetto agli obiettivi che si pongono, ma anche, e soprattutto, nelle relazioni interpersonali, che sono frequentemente caratterizzate da oscillazioni tra momenti di estrema vicinanza e positività e momenti di assoluta distanza ed inconciliabilità. Questa caratteristica è legata ad una tendenza ad “idealizzare” l’altro (estremizzandone le caratteristiche e qualità positive) ma anche, di seguito, a “svalutarlo” (cioè a vederne solo le parti meno apprezzabili che diventano a questo punto intollerabili).
Le persone che hanno un Disturbo di Personalità Borderline hanno una grande difficoltà a gestire i propri stati emotivi, che vengono spesso vissuti come incontrollabili e soverchianti e possono essere gestiti con delle modalità che sono finalizzate a raggiungere uno stato di tranquillità emotiva e di benessere ma che tendono a provocare ancora più sofferenza (come atti autolesionistici es. tagliarsi per gestire il dolore mentale).
Vi possono essere comportamenti impulsivi (uso di sostanze, spese eccessive), comportamenti suicidari o auto mutilanti. Può esserci una tendenza a esperire forti sentimenti di rabbia, che possono attivarsi velocemente in maniera reattiva e andarsene con difficoltà, sentimenti di vuoto e conseguenti comportamenti per tentare di evitarli. È spesso presente un’instabilità affettiva.
Questi sono sintomi che possono apparire con una certa frequenza ma è importante ricordare che ogni persona vive e quindi manifesta il proprio dolore e stato di sofferenza in maniera unica e diversa.
La diagnosi di “Disturbo Borderline di Personalità” può essere utile per definire delle difficoltà che possono non aver mai avuto un nome, ma dietro a questo termine ci sono delle persone con la propria storia. Solo da queste ultime essa può essere raccontata per essere compresa.
- Diagnosi e trattamento:
Il Disturbo Borderline di Personalità può avere delle manifestazioni sintomatologiche simili a quelle di altri disturbi psichiatrici (per esempio ai disturbi dell’umore), e questo può rendere difficile un corretto inquadramento diagnostico.
Se pensi di soffrire di disturbo borderline, contatta uno psicoterapeuta competente in disturbi di personalità per prenotare una visita al fine di avere una corretta diagnosi (che deve essere accertata da un professionista).
Un trattamento che preveda un approccio multidisciplinare alla sofferenza psicoterapico e, se necessario farmacologico con uno psichiatra può aiutare a stare meglio e a raggiungere uno stato di maggior serenità.
PROBLEMI EVOLUTIVI DELL’ADOLESCENZA
- Cos’è l’adolescenza?
Il termine adolescenza deriva dal latino adolescentia, derivato dal verbo adolescĕre, che significa “crescere”. È quella delicata fase di passaggio dall’infanzia all’età adulta caratterizzata da cambiamenti radicali, che riguardano il corpo (maturazione biologica), la mente (sviluppo cognitivo) e i comportamenti (rapporti e valori sociali).
- Quando inizia e quanto dura l’adolescenza?
Diverse letterature propongono di considerare l’inizio dell’adolescenza a partire dalla pubertà fino a quando lo sviluppo fisico è pressoché completo, normalmente intorno ai 18 o 19 anni. Circa due anni prima della pubertà sia i ragazzi che le ragazze attraversano un periodo di trasformazione che li prepara nelle donne al menarca (inizio delle mestruazioni) e la comparsa di spermatozoi vitali nei maschi.
- Quali sono le fasi dello sviluppo?
Ciascun adolescente è unico, con una propria personalità, propri interessi e gusti, tuttavia è possibile trovare degli aspetti comuni e tipici degli adolescenti (sentimenti, atteggiamenti e comportamenti).
Delineare le varie fasi è un’impresa ardua ed ha un valore arbitrario. In ogni modo per comodità, può essere suddivisa in tre fasi distinte; una coincidente con gli anni della scuola media (PRE ADOLESCENZA) e due coincidenti con gli anni delle superiori (FASE INTERMEDIA e TARDA ADOLESCENZA).
- Tra gli 11 e i 12 anni vi è la PRE ADOLESCENZA: l’inizio di modifiche somatiche e psicologiche e la perdita delle caratteristiche dell’infanzia. Cambiamenti a livello scolastico, presenza dei primi conflitti intra famigliari, e i gruppi tendono ancora ad essere caratterizzati dalla segregazione sessuale tipica dell’infanzia.
- Tra i 14 e i 18 anni vi è la ADOLESCENZA INTERMEDIA: si delineano processi di “lutto”, per la perdita della stabilità corporea, del legame oggettuale preferenziale con i genitori, degli oggetti/situazioni perse con le prime scelte autonome.
- Tra i 18 e i 25 anni vi è la TARDA ADOLESCENZA: è prevalente la preoccupazione per il futuro, vi è un minor conflitto con i genitori, e si costituiscono soprattutto gruppi misti.
- Una maturazione tardiva rispetto i compagni che conseguenze può avere?
Può avere conseguenze sia di tipo psicologico che comportamentale: ansia e calo dell’autostima possono essere due componenti derivate dal sentirsi rifiutati e svalutati dai compagni già sviluppati, questo avviene molto di più per il genere maschile rispetto a quello femminile.
Se vi siete trovati in queste situazioni non esitate contattare una psicologa che può aiutarvi ad affrontare questo momento difficile.
Da un punto di vista psicologico quali possono essere i conflitti che i giovani vanno in contro e che spesso sconvolgono anche la famiglia?
Nell’adolescenza i giovani si trovano a fronteggiare vari problemi:
- La maturazione sessuale.
- L’emancipazione dal controllo dei genitori e la loro dipendenza emotiva.
L’adolescente ha vari compiti evolutivi da superare, uno tra questi è sicuramente costruirsi dei valori e degli ideali da perseguire questo lo aiuterà a capire quale persona intende diventare.
L’abbandono del corpo infantile per acquisirne uno adulto può essere al contempo motivo di orgoglio e di imbarazzo. Un ruolo importante lo giocano i genitori, se hanno trattato questo tema con imbarazzo invece che con naturalezza, può svilupparsi nell’adolescente un analogo imbarazzo e una certa insicurezza. IL CORPO DELL’ADOLESCENTE (tatuato, bucato, maltrattato, ma anche ostentato ed esibito) è IL TEATRO DI DIVERSI CONFLITTI, BISOGNI EMANCIPATIVI E VARI COMPITI EVOLUTIVI. Alcuni possono reagire cercando di nascondere la nascente sessualità per prolungare il più possibile la propria infanzia, mentre altri possono esasperarla assumendo precocemente comportamenti e abbigliamento “da grandi”, per sentirsi più adulti. Il corpo sessuato spaventa ma incuriosisce, lo si vuole conoscere. Per alcuni adolescenti si pone il problema della propria sessualità, si può avere il timore di non essere “normali”, di essere omosessuali o incapaci di avere rapporti sessuali. I primi rapporti sessuali possono essere sconvolgenti o deludenti: essere pronti fisicamente non vuol dire necessariamente esserlo anche mentalmente. Siete voi stessi che decidete il vostro comportamento sessuale.
L’emancipazione dal controllo dei genitori e dalla loro dipendenza emotiva ancora una volta, dipende dall’atteggiamento assunto dai genitori stessi durante l’infanzia. Infatti, una famiglia che stimola il giovane adulto alla ricerca di autonomia e controllo attraverso la motivazione e l’affetto, molto più facilmente il ragazzo svilupperà sentimenti di fiducia in se stesso.
Dall’altra parte l’essere rigidi e autoritari può trasmettere nell’adolescente sentimenti di conflitto e disequilibrio esprimendolo attraverso l’essere rifiutanti e ribelli.
- L’adolescenza esiste?
La figura dell’adolescente, come persona in una prolungata fase di transizione problematica, non viene considerata dalla maggior parte delle società tradizionali. In esse spesso il passaggio dalla fase della vita “bambino” alla fase “adulto” viene gestita da appositi riti di passaggio, che rappresentano in chiave simbolica l’allontanamento dallo stato precedente, l’attraversamento di una soglia liminale, e la reintegrazione nella società con un diverso stato.
Non tutte le società tradizionali considerano l’adolescenza come una fase di transizione problematica.
Fino all’800 si entrava nel mondo degli adulti nel momento in cui ci si poteva dedicare alle attività che la classe sociale di appartenenza prevedeva. Per esempio i più poveri, iniziavano a lavorare anche ai 6 o 7 anni, mentre tra l’élite si poteva essere re o professori universitari anche a 12-14 anni.
Il Coaching
Cosè il Coaching?
E’ un intervento volto a liberare il potenziale bloccato dell’individuo con lo scopo di portare questi ad una migliore performance.
Il coach aiuta il cliente (il coachee) a rimuovere i blocchi interni che impediscono tale riuscita. Il coach di solito non impartisce consigli e insegnamenti ma facilita l’apprendimento.
Il coaching, come si diceva, è focalizzato alla performance e non parte (o non dovrebbe partire) da un disagio avvertito dall’individuo (come invece avviene nel counseling).
Solitamente esso è proposto, o richiesto, in ambito aziendale a dipendenti, dirigenti, quadri e manager, per supportarli nelle fasi di cambiamenti interni all’organizzazione, per lo sviluppo di competenze in un’ottica di empowerment.
Il coaching, in ultimo, intervenendo sul miglioramento delle attività dei collaboratori e dei dipendenti aziendali, ne aumenta il livello di benessere all’interno dell’organizzazione innescando un circolo virtuoso di miglioramento globale della performance aziendale.
“Le informazioni medico-scientifiche che si trovano in questo sito si intendono per un uso esclusivamente informativo e non possono in alcun modo sostituire la visita medica.”
Dott.ssa Minerva Medina-Diaz
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